Heidi il mito di Elisabetta Viviani che non tramonta mai….
Intervista a Elisabetta Viviani di Alex Miozzi
E’ difficile non conoscere Elisabetta Viviani. Malgrado sia oggi una signora, avendo iniziato giovanissima a calcare le scene televisive è ormai una trentina d’anni che questa showgirl, nei suoi vari ruoli di presentatrice, cantante e attrice, intrattiene un pubblico eterogeneo che va dai più piccoli fino a chi già trent’anni fa guardava la TV.
Molte ragazze oggi vorrebbero intraprendere la sua professione. Lei come ha cominciato?
Beh, ho iniziato a studiare danza classica a sette anni, e in fondo è stato quello il mio primo palcoscenico. A nove anni invece ho fatto il mio Carosello, reclamizzando la pizza “Catarì”, e anche quello in fondo è stato un altro debutto, stavolta con la telecamera. Devo dire che sono stata sempre diretta da bravi registi, così da acquisire un buon rapporto con il mezzo televisivo. Poi, a differenza di come avviene oggi, è cominciato lo studio, quello vero, presso l’Accademia Filodrammatici, dove mi sono diplomata in prosa. Mia madre, che amava tantissimo sia il canto che la danza, era per me una specie di manager che mi indicava le cose da fare. Io forse avrei voluto fare il medico. Chissà come sarebbe andata.
L’avventura con la RAI quando è cominciata?
Ero sui sedici, diciassette anni, circa, mi sono presentata a un provino. Inutile dire che mi hanno scelta come protagonista di “No No Nanette”, (insieme a Gianrico Tedeschi e Claudio Lippi n.d.r.) un lavoro a metà tra il musical e l’operetta, portata sulle scene precedentemente negli Stati Uniti da Doris Day. Devo dire che la mia carriera in RAI è andata avanti fino ai primi anni ’80. Poi sono arrivati i personaggi androgini, un po’ ambigui, e non c’è stato più spazio per le ragazze della porta accanto quale, in fondo, ero io.
Un bilancio di quegli anni?
Molto positivo, sicuramente! In otto anni ho fatto davvero molto. Ho lavorato con i più grandi professionisti, da Macario a Marcello Marchesi (in “Ma che scherziamo” n.d.r.), poi con Gianni Morandi nello show “Alle nove di sera”, senza contare due commedie musicali. Una delle due era “Mademoiselle Mitouche”, con Ernesto Calindri e Lauretta Masiero.
E il cinema?
Si, ho anche fatto la mia prima e unica esperienza cinematografica nel film “Asso” (di Castellano & Pipolo, Italia, 1981 n.d.r.) accanto a Celentano e Edwige Fenech, dove interpretavo una cameriera. In realtà dopo quello mi hanno offerto alcune parti nelle commedie scollacciate di quel periodo, che ho sempre rifiutato. Fermo restando che i miei genitori non avrebbero approvato di vedermi in quei ruoli svestiti, devo dire che forse non c’entravano neanche molto con il personaggio che ero.
Ma lei è soprattutto una cantante. Oltre che l’interprete di una famosissima canzone…
Prima di parlare di quella canzone vorrei ricordare la mia partecipazione al San Remo dell’82. Era l’anno in cui Vasco (Rossi n.d.r.) cantava “Vado al massimo”, e in cui Riccardo Fogli vinse la gara con “Storie di tutti i giorni”. Poi c’era Viola Valentino, Drupi e il giovane Zucchero. Io mi sono classificata sesta con il brano “C’è”. Ma è giusto ricordare anche “Heidi”, la sigla dell’omonimo cartone animato giapponese.
Non è una cosa di cui andare fieri?
Assolutamente si, soprattutto oggi, ma allora non mi ha portato molta fortuna. Prima che arrivasse Cristina d’Avena, quindi nell’80, e “Heidi” e del ’78, interpretare una canzone di un cartone animato era fare musica di serie B. Per fortuna poi la mentalità è cambiata!
Un ruolo da precursore di cui hanno beneficiato gli altri?
Si, in fondo è andata un po’ così (ride). Ma non solo in quell’occasione. Pensi, a cavallo tra il ’99 e il 2000 sono partita per i Caraibi per lavorare a un progetto intitolato“In crociera”. L’idea era di fare qualcosa vagamente sul genere di E.R. ma con delle caratteristiche molto vicine a quelle dei reality show di oggi, anzi, forse si può dire che sia stato il primo esperimento in questo senso.
E com’è andata?
E’ passato inosservato! Però posso dire di avervi partecipato.
E dopo la fine dell’esperienza in RAI?
Problemi personali hanno frenato la mia carriera (la fine della sua relazione con il calciatore Gianni Rivera da cui ha una figlia, Nicole n.d.r.). In quella situazione deve dire che non avevo ne voglia ne spirito, malgrado abbia continuato a presentare spettacoli e manifestazioni, anche per bambini. E in questo periodo è accaduto una cosa analoga a quanto dicevamo prima.
Mi dica.
Nell’86, 87 ero nel cast della fiction “Passioni”, trasmessa da RAI 1 nel ’90. Era girata a Torino, e gli altri attori arano praticamente tutti di là. Era stata pensata come la prima telenovela italiana, e rivista oggi è dalle parti delle fiction trasmesse da RAI e Mediaset, tanto di moda oggi.
Il destino dei precursori.
Si, ma non me la prendo (ride)! Poi nel ’91 sulle reti allora Fininvest ho condotto per tre anni il programma quotidiano “Buongiorno amica” e quello settimanale “E’ domenica”. Poi anche insieme a Pippo Franco in “La sai l’ultima”. Poi non so perché ma mi hanno chiamato solo come ospite.
Nonostante le avversità lei è incrollabile, e non se la prende con nessuno.
E a cosa serve? Però una cosa la voglio dire. Non capisco che male possa avere fatto ad alcune persone, dato che nonostante i calorosi saluti che mi fanno quando mi vedono non mi invitano mai, ma dico mai, alle loro trasmissioni!
Qualche nome, se è lecito?
Si. Pippo Baudo, per esempio. Abbiamo cominciato insieme, benché lui fosse già un uomo e io soltanto una ragazzina. Quando mi vede baci e abbracci, ma non mi ha mai invitato a un suo show!
Solo lui, spero.
No. Anche Fatma Ruffini (autrice delle più importanti trasmissioni Mediaset n.d.r.). In un suo talk show non sono mai stata invitata. Pensi che abbiamo lavorato insieme nelle TV locali.
Mi ha preceduto. Con queste ultime che rapporto ha?
Ottimo. Faccio di tutto, dall’ospite alla presentatrice alla cantante. Su Antenna Nord, diventata poi Italia 1, ho condotto il programma “Scelti da voi”, in cui rispondevo alle lettere che mi mandavano i telespettatori. Oggi lavoro con Antenna 3 e con Telelombardia, solo per citarne due.
E la sua opinione su quest’altro mondo televisivo?
La televisione locale è semplice, diretta, famigliare. L’offerta musicale va dalle canzoni popolari milanesi a quelle brasiliane. Lo vedo con quelle con cui lavoro. Da un talk show su Telenova a Telecolor, un’emittente di Cremona, che propone musica italiana. E potrei aggiungerne altre.
Con la TV di stato non ha più nessun rapporto?
No, in RAI ogni tanto vado come ospite, ma c’è sempre un po’ di nostalgia. Mi rendo conto che il mondo che c’era quando ho cominciato c’è sempre meno. Il bello era anche frequentare le sarte, gli elettricisti e le varie maestranze. Pensi che quelli che sono andati in pensione li sento ancora.
Meglio la TV locali, quindi?
Come ha detto Gianni Buoncompagni in un’intervista il pubblico si orienterà verso le TV nazionali solo in seconda serata, mentre la prima serata sarà appannaggio delle televisioni locali.
Lo spero. Ma perché dovrebbe avverarsi quello che dice Buoncompagni?
Ma no (ride)! E’ che i programmi delle televisioni locali sono fatti da professionisti. Si vede la gente ballare, ma a presentare, a cantare, a suonare e a occuparsi di ogni aspetto sono esclusivamente professionisti.
Abbiamo capito che anche lei ritiene che la televisione nazionale si possa migliorare.
Il punto è che in televisione, come da qualsiasi altra parte, chi svolge un compito lo deve saper fare bene. Chi canta deve sapere cantare, chi recita deve sapere recitare fare, e così via.
Qualche suggerimento?
Come ho detto la TV va lasciata ai professionisti. Si può creare una trasmissione, ma una sola, fatta dalla gente comune, ma il resto dei palinsesti deve essere realizzato da chi conosce il mestiere. Un reality va bene, ma adesso si è decisamente esagerato. Poi la scuola è una cosa, e deve stare lontano dalle telecamere. E’ inutile fare questi programmi in cui i cosiddetti studenti si esibiscono in varie discipline. A differenza di me e di tutti gli altri della mia generazione che, per esempio, sono usciti dalle accademie, a questi giovani affidano forse programmi da presentare? No, sono costretti a fare altro, e comunque non in TV.
Indicazioni molto precise.
Si, e si dovrebbe smettere di copiare format stranieri, compiere un serio turn over degli autori in circolazione e far lavorare anche quelli più giovani. E poi eliminare l’Auditel, che come ha affermato Buoncompagni è una cosa pilotata nelle mani degli sponsor.
Qualcos’altro?
Si! Mettere “Bulldozer” in prima serata!